Foto online, Gianni Dell’Aiuto ci spiega come scoprire se ci siamo anche noi


L’avvocato Gianni Dell’Aiuto, relatore in una delle prossime tappe del Digital Security Festival, ci accompagna in una riflessione tanto scomoda quanto necessaria: la nostra vita digitale non è mai del tutto sotto controllo. In questo articolo ci offre una guida per verificare se immagini, nomi o dati personali stanno circolando in rete senza consenso.

La cronaca ci ha regalato l’ennesimo esempio di come il mondo digitale sia pericoloso anche per chi, magari, ha la certezza asosluta di non frequentarlo. Non è così. E non c’era bisogno degli ultimi episodi per saperlo.
Forum, siti e canali dove compaiono immagini private senza consenso sono su tutte le prime pagine. Tutti, adesso, a scuotere la testa e molti (anzi, purtroppo, molte) a chiedersi: “E se ci fossi anch’io lì dentro?” Non illudiamoci, la certezza assoluta non l’avrete mai, ma qualche tentativo, civile e persino banale, si può fare.

Provate a digitare il vostro nome e cognome già semplicemente su Google, magari attivando la ricerca immagini. Se volete rendere la ricerca più precisa, aggiungete qualche termine tipico di certi ambienti: xxx, nsfw, forum o, termini molto più espliciti.
È il linguaggio che usano, conviene impararlo almeno per difendersi. Poi ci sono gli occhi artificiali: Google Lens e TinEye vi permettono di caricare una foto e scoprire se spunta da qualche altra parte. È la vecchia foto segnaletica, solo che il sospettato siete voi.

Un indirizzo email o un numero di telefono possono dire molto più di quanto pensiate. Con Epieos potete scoprire i servizi online legati a quell’indirizzo, mentre WhatsMyName vi mostra dove il vostro nickname è stato usato. Non sono magie, ma strumenti di OSINT, open source intelligence: nulla di segreto, solo l’uso intelligente di ciò che è già pubblico.

Chi se la sente può digitare il proprio nome anche nei motori interni dei siti per adulti più noti. È spiacevole, ma se qualcuno ha caricato immagini collegate al vostro nome, potrebbero emergere lì. Non è un viaggio simpatico, ma a volte serve guardare nel fango per capire se ci siamo finiti dentro. A proposito: potrebbero esserci anche se le avevate inviate solo su WhatsApp. Ci siamo capiti?

Telegram è un capitolo a parte. Non esiste un motore di ricerca globale, ma potete tentare inserendo il vostro nome nella barra interna e, se il canale dove siete finiti/e fosse pubblico, qualche risultato compare. Oppure potete usare strumenti esterni come TGStat o Telegramic, che catalogano i canali aperti. Per tutto il resto, i gruppi chiusi e le chat private, servono le autorità.

Non aspettatevi miracoli. Questi strumenti servono a capire se ci sono tracce, non a blindare la vostra vita. Se trovate qualcosa, il passo è uno solo: rivolgersi subito a un avvocato e alle autorità competenti. Meglio un controllo in più che una sorpresa amara. E ricordate: l’ingenuità digitale oggi è un lusso che non possiamo più permetterci.

E quello che mettete in rete oggi, può tornare tra anni magari ben levigato, corretto, distrutto, da programmi di intelligenza artificiale.

Buona navigazione.

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